UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA

Un Sogno Chiamato Florida è un film del 2017 scritto e diretto da Sean Baker che racconta la storia di Moonie e di sua madre Ashley, ambientato in una Florida quasi distopica, lontanissima dall’immagine solare a cui il cinema ci ha sempre abituati.

All’ombra di Disneyland

Moonie e suoi amici vivono con le loro madri – perché le figure paterne sono completamente assenti in questo film – in uno squallido motel viola a pochi passi da Disneyland. Nonostante la distanza che li separi sia minima, le differenze sono insormontabili. Così come dimostra il contrasto fra i turisti diretti a Disneyland che si imbattono per errore nel motel di Moonie e le persone che effettivamente in quel motel ci vivono senza non pochi sacrifici.

La madre di Moonie, poco più grande di lei, diventa l’emblema di ciò che cresce all’ombra di un simbolo come Disneyland, che incarna come poche altre cose al mondo lo sfarzo e la ricchezza. Ashley è infatti una ragazza madre che però, nonostante la vita e la difficile situazione economica in cui si trovano, cerca di fare di tutto per garantire un presente a Moonie. A Moonie potranno mancare sì i soldi ma non l’affetto di una madre, che per quanto imperfetta sia è la madre perfetta per una bambina come Moonie.

L’altro lato dell’America

Un Sogno Chiamato Florida demolisce in nemmeno due ore il sogno americano e tutto quello che per anni ha simboleggiato. Moonie e sua madre non sono infatti altro che vittime di quello che è stato definito l’american way of life. Loro, così come gli altri personaggi del film, rappresentano quello che la moderna America considera uno scarto, un rifiuto, persone non degne di avere un loro posto e di conseguenza condannate a vivere ai margini senza alcuna possibilità di evoluzione. Solo che questo Moonie non lo sa ancora e ne avrà un piccolo accenno solo negli ultimi minuti del film.

Il contrasto tra apparenza e realtà

You know why this is my favorite tree? Because it tipped over, and it’s still growing.

La bellezza e l’unicità di questo film si celano nel modo in cui la Florida viene vista attraverso gli occhi castani di Moonie, una bambina dotata di una grande fantasia e in grado di trasformare tutto in un avventura indimenticabile. Però, fin dall’inizio è chiaro che tutto il piccolo mondo di Moonie non luccica affatto, ma è la bambina stessa, attraverso cui lo spettatore viene guidato tra i prati e le strade aride della Florida, a renderlo un posto magico. A prima vista, il motel in cui Moonie e sua madre vivono sembra quasi elegante, ma poi a mano a mano che la telecamera si avvicina, seguendo Moonie e i suoi amici fra scale e corridoi, ci si rende conto di tutto lo squallore che quelle mura viola nascondono al suo interno.

Il coprire lo squallore che si cela all’interno non riguarda però solo gli edifici, ma è essenza stessa della storia dei protagonisti adulti del film.

Tutto il film non è altro che una questione di immagine, la disperata ricerca di un’immagine in grado di fornire un’apparenza forte abbastanza da coprire una realtà a cui non vogliamo credere. La vita stessa di Ashley si basa sulla ricerca di un’immagine che possa garantire a lei e sua figlia una vita migliore e la fine del film ci ricorda amaramente che mascherare ciò che realmente siamo non è un lusso concesso a tutti. Chi nasce all’ombra di Disneyland senza mai potervici avvicinare, sembra essere destinato a morire all’ombra di Disneyland.

Negando la possibilità di evoluzione di quelle persone a cui qualsiasi possibilità sembra essergli stata negata fin dal principio, Sean Baker riesce non solo a fare un’attenta analisi della società moderna in cui oggi viviamo, ma riesce anche a criticarla senza mai distogliere la cinepresa da Moonie, senza mai uscire da quella dimensione felice e spensierata che Ashley è riuscita a creare per Moonie.

Sara

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