L’ITALIA NEL PANORAMA CINEMATOGRAFICO

Da sempre, l’Italia ha giocato un ruolo cruciale nel panorama cinematografico mondiale.
Il Cinema italiano ha portato alla ribalta non solo attori e attrici, ma ha fatto sì che molti registi sbarcassero prima nel panorama europeo, per poi raggiungere l’intera industria cinematografica.
A causa della vastità del tema, è difficile scegliere solo alcuni fra i più famosi, ma dopo una lunga riflessione abbiamo scelto di citarne “solo” sei: Bernardo Bertolucci, Giuseppe Tornatore, Paolo Sorrentino, Dario Argento, Federico Fellini e Luca Guadagnino.

BERNARDO BERTOLUCCI

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Quando si parla di Italia e di cinema non si può non pensare subito a Bernardo Bertolucci. Il regista, scomparso lo scorso novembre, è infatti l’unico regista italiano ad aver vinto il premio Oscar per la regia grazie al film l’Ultimo Imperatore del 1987, che gli valse l’Oscar anche per la miglior Sceneggiatura non Originale.

Bertolucci raggiunge però la notorietà nel 1972 grazie al film Ultimo Tango a Parigi. Non solo segnò un epoca, ma venne definito come il più controverso caso giudiziario di sempre nel cinema italiano a causa dello scandalo legato al film e alla sua attrice protagonista, Maria Schneider. Per questo, la pellicola venne sequestrata fino al 1987 e il regista fu condannato per offesa al comune senso del pudore, colpa per la quale venne privato dei diritti civili per cinque anni, fra cui il diritto di voto. Maria Schneider però, a causa di Bertolucci, rimase senza carriera e della sua dignità per ben più di cinque anni.
Tra gli ultimi successi di Bertolucci non si possono non citare Io ballo da sola del 1996 e The Dreamers del 2003, che aprirono definitivamente le porte del cinema rispettivamente a Liv Tyler e Eva Green.
Nel 2007 vinse il Leone d’oro alla carriera alla 64ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e nel 2011 la Palma d’oro onoraria al 64º festival di Cannes, che lo consacrò definitivamente nell’impero dei grandi registi.

Per Berolucci il cinema rappresentava insieme un’estensione della vita e una profonda avventura nell’immaginario, un modo di innervarsi nella soggettività e un’esperienza complessa nell’orizzonte simbolico. Ragione per cui, nonostante le critiche e gli scandali che lo hanno coinvolto, il patrimonio che lui ci ha lasciato merita di essere celebrato.

GIUSEPPE TORNATORE

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Un altro nome che sicuramente non può essere dimenticato nella lunga lista dei registi italiani è quello di Giuseppe Tornatore. Il regista siciliano si aggiudica l’Oscar per il miglior film straniero, nonché anche una buona dose di fama internazionale, nel 1990 grazie a quel capolavoro che è Nuovo Cinema Paradiso, da lui scritto e diretto.

Come spesso accade per i più grandi capolavori passati poi alla storia, anche per Nuovo Cinema Paradiso l’inizio non fu certo in discesa. Come ricorda il regista :”Quando il film uscì nel 1988, nelle sale italiane non andò a vederlo nessuno” e gli incassi furono talmente disastrosi che il film venne tolto dai cinema quasi subito. Tornatore, deciso a conferire al suo film il successo che meritava, lo riduce di quasi mezz’ora distribuendolo per la terza volta nel 1989 (il film era inizialmente uscito l’anno prima) e questa volta riesce finalmente a ottenere il successo sperato non solo da parte del pubblico ma anche della critica. Dopo aver ottenuto l’Oscar nel 1990, il film comincia a riscuotere grande fortuna anche in Europa e negli Stati Uniti consacrandosi come una delle pellicole italiane più fortunate e popolari degli anni ottanta.

Fortunatamente la carriera di Tornatore, nonostante quell’inizio quasi fallimentare, non si ferma. Nel 1995 dirige L’uomo delle stelle, con Sergio Castellitto che viene candidato agli Oscar nella sezione relativa al miglior film in lingua non inglese. Folgorato dal monologo teatrale di Alessandro Baricco, Novecento, Tornatore decide di farne un film che vedrà la luce solo nel 1998 con il titolo La leggenda del pianista sull’oceano.
Il film riscuote il successo meritato grazie a un incredibile Tim Roth nel ruolo di protagonista e la colonna sonora firmata da Ennio Morricone, che già aveva collaborato con Tornatore in Nuovo Cinema Paradiso e che si aggiudica una nomination agli Oscar. Altro successo per Tornatore è sicuramente Màlena del 2000, ambientato nella terra natale del regista e che vede Monica Bellucci in una delle sue migliori performance. Terza e ultima nomination agli Oscar per Tornatore risale al 2008 grazie al film La Sconosciuta, film ispirato ad alcuni fatti di cronaca riguardanti il racket della prostituzione di ragazze provenienti dall’Europa dell’Est .

Certo, forse il nome di Tornatore potrebbe non comparire mai accanto a quello di Sergio Leone, Bernardo Bertolucci, Federico Fellini e tanti altri, ma mai nessun’altro regista come lui è stato in grado di raccontare una storia come Tornatore ha fatto, trasformando semplici immagini in film che parlano da soli, trasformando la semplicità quotidiana di un paesino siciliano in un Oscar.

PAOLO SORRENTINO

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Dai forti richiami felliniani, Paolo Sorrentino resta sicuramente uno dei cardini del cinema italiano contemporaneo. Muovendosi tra il sacro e il profano, tra sogno e realtà, Sorrentino crea delle immagini pregne di simbolismo, dando spazio a elementi e soggetti che difficilmente si è in grado di estinguere dalla memoria. I suoi protagonisti si muovono spesso tra la ricchezza e la noia e il regista è in grado di regalare dei ritratti di uomini apparentemente superiori a chi li circonda, ma in realtà quantomai umani e vulnerabili.

Alternandosi tra verità e artificiosità, Sorrentino tratteggia la vita di politici italiani di spessore, dal primo ministro Giulio Andreotti, nel sardonico e satirico “Il Divo”, il cui titolo già preannuncia il ritratto dissacrante che farà di questo personaggio e successivamente “Loro”, dove affronta una delle figure politiche simbolo dell’Italia degli anni ottanta, Silvio Berlusconi. Entrambi i film hanno sancito una delle collaborazioni più proficue e importanti del panorama italiano, quella tra Paolo Sorrentino e Toni Servillo. Di stampo fortemente teatrale, Servillo presta anima e corpo alle pellicole del regista, trasformandosi fisicamente e psicologicamente nei protagonisti delle pellicole.
Certamente il suo ruolo più memorabile resta quello di Jep Gambardella, protagonista del capolavoro premio Oscar di Sorrentino, “La Grande Bellezza”. Chiaro omaggio a “La dolce vita” di Federico Fellini, Jep diventa un neo Marcello, che si muove tra le strade di Roma, osservando tutto il degrado e l’ipocrisia che si cela dietro alla bella facciata della capitale italiana.

Sorrentino dimostra le sue immense abilità di sceneggiatore regalando delle vere e proprie perle della scrittura, pronunciate da quello che potrebbe essere il suo alter ego, lo stesso Jep: “Le vedi queste persone? Questa fauna? Questa è la mia vita. E non è niente.” Il successo de “La Grande Bellezza” gli ha permesso di realizzare “The Young Pope” e il suo seguito, “The New Pope”, dove l’ipocrisia e la falsa santità della Chiesa viene smascherata con la figura di Lenny Belardo, nuovo giovane e affascinante Papa definito da tutti i fedeli come “il nuovo Messia”. Impossibile non continuare a porsi delle domande quando si guarda un film di Sorrentino. Nulla è chiaro, tutto è celato sotto una coltre di provocazione.

Ma non è forse questo il desiderio del regista, quello di trovare delle risposte in quello che mostra. I film che crea regalano delle immagini ricche di simboli ed elementi visivi difficile da incontrare in altre pellicole, dal forte carattere autoriale. I suoi personaggi sono tutti maschere, dei caratteristi il cui volto inconfondibile resta nella memoria dell’osservatore, e che danno un valore maggiore alla già immensa potenza delle immagini che Sorrentino è in grado di regalare.

DARIO ARGENTO

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Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum, Mater Lacrimarum.
Le tre madri, simbolo di oscurità, lacrime e sospiri. Tre figure simbolo di una delle trilogie più affascinanti e oscure del panorama italiano, composta da “Suspiria”, “Inferno” e “la Terza Madre”.

Il creatore di questo mondo che si muove tra stregoneria e divinazione è ormai iconico, e solo il suo nome, Dario Argento, richiama a noi un panorama cinematografico ormai di culto. Il genere horror contemporaneo, specialmente quello con una forte impronta autoriale, forse non sarebbe lo stesso senza il lavoro di Dario Argento. Il solo pensare a una pellicola come “Suspiria” porta a galla delle immagini nitidissime, dai colori accesi e brillanti, che hanno reso iconico il mondo creato da Argento. Tanti sono stati i registi che si sono ispirati a lui, a partire da Nicolas Winding Refn che con il suo acclamato “The Neon Demon” sembra aver trasportato l’universo di Dario Argento all’interno della sua filmografia.
Inutile citare Quentin Tarantino, uno dei registi contemporanei di culto, che ha più volte affermato di aver dato inizio alla sua carriera prendendo come ispirazione il cinema Italiano, tra cui anche il “Suspiria” di Argento.

Il sangue rosso, vivido e quantomai artificiale, trasmette una potenza visiva alle immagini senza precedenti, tecnica sviluppata da Argento in alcune delle sue pellicole più famose e “riutilizzata”, come solo lui sa fare, anche da Tarantino (basti pensare alla scena del massacro in “Kill Bill”, sulle note di “Twisted Nerve”). E parlando di colonna sonora è impossibile dimenticarsi quella di “Suspiria”, sulle note dei Goblin, che ancora oggi è in grado di tenerci svegli la notte, così come quella di “Profondo Rosso”, in grado di insinuarsi nei meandri della nostra mente.

Ed è quello che Argento ha sempre tentato di fare, e si è da sempre dimostrato un’icona horror, in grado di generare la vera e propria paura nello spettatore. Le sue pellicole sono senza tempo, legate a quell’horror non solo classico ma anche nostalgico al quale oggi molti autori si ispirano. Seppur oggi il regista si sia abbandonato a film di serie B anche parecchio criticati, è assolutamente innegabile il suo genio, e quanto sia stato un regista cardine del panorama cinematografico italiano.

FEDERICO FELLINI

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Non è possibile parlare del Cinema italiano senza citare uno dei più grandi registi della storia italiana: Federico Fellini.
Fellini si definiva “un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo“. I suoi lungometraggi sono opere ricche di satira e di una sottile malinconia, caratterizzate da uno stile visionario, che hanno lasciato alla cultura popolare personaggi indimenticabili.
Titoli come La dolce vitaAmarcord sono manifesti dell’arte cinematografica citati a livello mondiale.

La sua carriera inizia nel 1950, quando co-diresse “Luci del Varietà” con Alberto Lattuada. Il soggetto della pellicola è uno fra i topoi narrativi di Fellini: l’avanspettacolo e la sua decadenza. Purtroppo, il film non riscuote il successo sperato e da quel momento inizia a risentirne il rapporto fra i due registi. Due anni dopo Luci del varietà, Fellini esordisce come regista assoluto con Lo sceicco bianco. Con questo film, Fellini adotta uno stile nuovo, una sorta di realismo magico e onirico. Dopo questi inizi per lui non molto promettenti, Fellini decide di sfruttare il tema dei progressi industriali che l’Italia stava attraversando in quel periodo, dando così vita alla pellicola I Vitelloni, in cui si racconta la storia di un gruppo d’amici riminesi. il regista riminese tratta il tema dell’adolescenza e dei ricordi ad essa legati.
E’ il 1953, e finalmente la fama di Fellini si espande anche all’estero, raggiungendo Argentina, Francia, Stati Uniti e Inghilterra.
Negli anni sessanta Fellini esprime al massimo la propria creatività, rivoluzionando i canoni estetici del cinema con La dolce vita. Definito un film «picassiano», la pellicola – che abbandonava gli schemi narrativi tradizionali – destò scalpore e polemiche perché, oltre a illustrare situazioni fortemente erotiche, descriveva in modo graffiante la decadenza morale in forte contrasto con il benessere economico della società italiana.
La produzione successiva di Fellini segue un ritmo ternario: I clowns (1970), Roma (1972) e Amarcord (1973) sono tutti incentrati sul tema della memoria. L’autore cerca le origini della propria poetica esplorando le tre città dell’anima: il Circo, la Capitale e Rimini. Il film conclusivo della terna, Amarcord («mi ricordo» in romagnolo) vince l’Oscar. In Amarcord, come ne I Vitelloni, si trovano molti spunti autobiografici nei personaggi presenti. Tuttavia, egli rifiuta di riconoscere qualsiasi riferimento alla propria vita e, seppur si svolga nella Rimini degli anni ’30, non c’è una sola scena che vi sia stata girata.

Il 29 marzo 1993 Fellini riceve dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences l’Oscar Onorario “in riconoscimento dei suoi meriti cinematografici che hanno entusiasmato e allietato il pubblico mondiale”.
Vincitore di numerosi David di Donatello e Nastri d’Argento, il regista ha ricevuto ben 13 candidature agli Oscar e ha ottenuto l’onorificenza di Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana nel 1987.
Lo scorso mese, per celebrare il centesimo anniversario della sua nascita e omaggiare lui e l’arte cinematica italiana, è stata istituita la Giornata Mondiale del Cinema Italiano che si celebrerà ogni 20 gennaio.

LUCA GUADAGNINO

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Parlando del panorama cinematografico italiano, non si può non menzionare un regista salito alla ribalta negli ultimi anni ma già molto acclamato a livello mondiale: Luca Guadagnino.

Classe 1971, si conosce soprattutto per l’adattamento del romanzo Chiamami col tuo nome di André Aciman e il remake del film di Dario Argento Suspiria.
Quello che molti non sanno, è che ha iniziato la propria carriera nel 1996 dirigendo documentari e il suo primo film “The Protagonists“, presentato al Festival del cinema di Venezia. 
Tra il 2009 e il 2010, il suo film Io sono l’amore è stato presentato e candidato a numerosi festival, tra cui Golden Globes, BAFTA e Oscar.
La sua attività di regista di documentari prosegue con Inconscio italiano (2011) e Bertolucci on Bertolucci (2013), presentato a Venezia, al London Film Festival e alla Cinémathèque française di Parigi.
Ha presenziato molte volte in giurie di festival cinematografici. Ha partecipato due volte alla giuria del Torino Film Festival: nel 2003 per la sezione Cortometraggi e nel 2006 nella Giuria Ufficiale. Nel 2010 è stato membro del Festival del Cinema di Venezia, mentre nel 2011 è stato presidente della giuria del Beirut Film Festival e del Locarno Film Festival. Sempre alla ricerca di nuovi talenti, Guadagnino ha presieduto nel 2012 la giuria del Louis Vuitton Journey Awards, una competizione internazionale per giovani cineasti. Ha anche partecipato come membro della giuria della prima edizione del Fashion Film Festival di Milano nel 2014.
Nell’estate 2016 ha girato a Crema e nei paesi limitrofi Chiamami col tuo nome. Il film ottiene la candidatura al Golden Globe per il miglior film drammatico e ai BAFTA 2018, dove riceve anche la candidatura come miglior regista. Il 23 gennaio 2018 Chiamami col tuo nome ottiene 4 candidature Oscar: miglior film, miglior attore protagonista (Timothée Chalamet), miglior canzone (Mystery of Love) e migliore sceneggiatura non originale (James Ivory), vincendo quest’ultimo.

Nel 2018 dirige il remake di Suspiria. Il film, le cui riprese sono iniziate nel 2016 vicino a Varese, vede nel cast la presenza di Tilda Swinton, Dakota Johnson e Chloë Grace Moretz.
A partire dal 2019 è membro dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences (AMPAS).

– Sara, Vittoria, Ilaria.


Ilaria

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