Ci sono storie in cui i protagonisti devono combattere contro mostri e oscurità per poter sopravvivere e storie in cui questi orrori non popolano il presente, ma il passato dei nostri eroi. A questa seconda categoria appartiene “The case study of Vanitas”, manga di Jun Mochizuki sul quale è basato l’omonimo anime di cui è appena uscita la seconda stagione.
Il vero protagonista di questa seconda stagione non è più Vanitas, l’umano che vuole curare tutti i vampiri, ma il passato: qualcosa che spesso ignoriamo, a cui non diamo peso, ma che inevitabilmente definisce chi siamo.
E così la storia si apre con la ricerca della “bestia del Gévaudan”, una creatura quasi mitologica che aveva perseguitato gli abitanti del luogo da cui prende il nome e che sembra essere tornata, simbolo del passato che prima o poi torna. Una creatura che i nostri protagonisti sospettano essere un vampiro vittima di una maledizione e che intendono curare, ma per farlo dovranno scontrarsi con chi intende ucciderla. Sarà proprio durante questo scontro che scopriremo una serie di storie che s’intersecano: quella di Chloé d’Apchier, una vampira costretta a passare tutta la sua esistenza nascosta nell’ombra come un segreto di famiglia, quella di Jean- Jacques, l’unica persona a cui sembra importare davvero di lei e infine una parte del passato di Jeanne, il quale s’intreccia a quello di Chloé.
Rivediamo poi una parte fondamentale del passato di Noè, quella che riguarda la morte di Louis, ma non dai suoi occhi bensì da quelli di Domi, la sorella del vampiro ucciso poiché portatore di una maledizione. Se fino a questo momento la giovane De Sade non era altro che un personaggio secondario relegato allo sfondo, in questa seconda stagione vediamo le sue fragilità e le difficoltà che ha dovuto affrontare dopo la perdita del fratello, le quali la renderanno vulnerabile e la faranno cadere vittima di Misha, causando tutte le difficoltà che avranno luogo nelle ultime puntate della stagione.
Anche questa volta il passato prende il sopravvento, influenzando inevitabilmente il presente.
Ultimo, ma sicuramente non meno importante, vediamo una seconda parte del passato di Vanitas: se nella prima stagione avevamo scoperto che da bambino era stato vittima degli esperimenti del Dottor Moreau, questa volta scopriamo di quali esperimenti è stato vittima e come ha fatto a liberarsi. Tuttavia, nonostante i cenni che troviamo sparsi in tutta la stagione, bisogna attendere le ultime puntate per vedere cos’è successo a Vanitas e a mostracelo sarà Misha, il “fratello” di Vanitas che in precedenza era stato accennato come “numero 71”.
In seguito Misha minaccerà Noè affinché beva il sangue di Vanitas, dando inizio a uno scontro tra i due che altro non è se non lo scontro tra il passato, ciò che Vanitas non vuole mostrarci, e il presente, ossia Noè che vorrebbe solo salvare una persona a lui cara.
L’altro compito fondamentale del passato in questa seconda stagione è quello di mostrare come situazioni simili possono portare a risultati diversi: lo vediamo nel paragone che lo stesso Noè fa tra Vanitas e il paladino Astolfo; entrambi hanno sofferto per colpa dei vampiri e hanno visto persone a loro care morire, ma questo li ha portati a prendere decisioni diverse: Astolfo ha deciso di unirsi agli chasseur per sterminare tutti i vampiri mentre Vanitas ha deciso di curarli, ritenendo che questa fosse la punizione più adatta a loro.
La stagione si conclude con Misha che promette a Vanitas di ucciderlo quando il suo incubo si avvererà e lui perderà la sua umanità, ma quest’ultimo ribatte dicendo che, quando sarà il momento, vuole che sia Noè a ucciderlo. A questo punto è inevitabile ripensare alla prima puntata della prima stagione, che si concludeva con Noè che diceva:
Quello è stato l’inizio. Questo è il racconto di come ho incontrato Vanitas e come abbiamo camminato insieme; di tutto quello che che abbiamo guadagnato… e perso. E di come, alla fine di questo viaggio, lo ucciderei con le mie mani