“Mourir est une expérience extraordinaire.” Morire è un’esperienza straordinaria. Un ossimoro che spinge il concetto stesso della morte al limite, presentandola paradossalmente come “un’esperienza straordinaria”. Una bugia sbagliata o un’assurda verità? Ciò che è certo è che per il regista Gaspar Noè le parole portano a una riflessione che per timore non era stata mai affrontata. Crea un mondo distorto e onirico, dove la morte diventa l’unica via di fuga possibile.
“Climax” è il culmine. Il culmine di una storia che si muove lentamente e silenziosamente di fronte al nostro sguardo, che si prende il suo tempo per presentare tutte le microstorie che essa contiene e che, senza quasi rendercene conto, raggiunge il suo apice.
Più che di trama si parla di un ambiente nel quale i protagonisti, abilissimi ballerini che danzano sfrenatamente seguendo il ritmo della musica, sono inseriti. Ci è dato sapere i loro nomi, alcuni sprazzi della loro storia, qualche maldestro rimando ai rapporti che si sono evoluti nel corso degli anni. Noè indugia sui rapporti sessuali che si sono succeduti nel tempo, sulle preferenze sessuali (al limite dell’accettabile) che muovono questi personaggi, quasi tutti sgradevoli e mossi da un evidente desiderio di onnipotenza.
Libertà
Gaspar Noè non ama le regole, ma infrangerle. Il suo cinema è sotto il segno della libertà espressiva e registica, ed è proprio questo a permettergli di sfruttare movimenti di macchina vertiginosi e a tratti incomprensibili, ma che perfettamente richiamano l’anarchia che permane per tutta la pellicola. “Liberté, Égalité, Fraternité” sembrano gridare in coro i ballerini, mentre danzano come un solo corpo di fronte alla macchina da presa, che regala loro tutto lo spazio e il tempo per mostrare la tanto desiderata libertà creativa.
A eccezione di Sofia Boutella, attrice e ballerina algerina, il resto del cast si compone di attori non professionisti. Ciononostante, Noè presenta loro un copione di sole cinque pagine, completamente svicolato da ogni regola artistica, che permetto loro di improvvisare in totale libertà. Il rosso è il colore predominante sulla scena: rosso è il pavimento sul quale danzano i ballerini, rossi sono i bicchieri dai quali bevono il punch, rosso è il sangue che fin dalla prima scena viene esibito di fronte ai nostri occhi.
Quello che non uccide ci fortifica
I titoli di testa del film arrivano dopo più di quaranta minuti. Un’altra regola infranta, un altro passo verso un cinema anarchico e libero dai vincoli. Ma la scelta sancisce anche l’inizio dell’inferno nel quale, da quel momento in poi, i personaggi si perderanno. Noè li segue silenziosamente all’interno di quel luogo isolato da tutto e tutti, dove la civiltà non sembra mai essere arrivata. Sembrano dirigersi sempre più in profondità, come se quel luogo labirintico e disarticolato rappresentasse l’inconscio nel quale strisciano e urlano.
Ogni pulsione può essere sfogata, ogni desiderio diventa realtà, in un mondo dove ormai ognuno ha perso completamente la propria umanità. Se lo scopo di Noè è stordire e scioccare il proprio pubblico, questo è stato raggiunto. L’occhio del regista è cinico e didascalico, segue i personaggi senza aiutarli, senza dar loro un barlume di speranza. E anche noi osserviamo impotenti le folli scelte che adottano i protagonisti che hanno ormai perso ogni razionalità.
Un cinema scioccante
Gaspar Noè si è da tempo aggiudicato il titolo di “registi maledetto”, richiamando quei poeti francesi dai quali certamente trae ispirazione. Il suo è un cinema traumatico e viscerale, dove ogni scelta registica e di scrittura nasce per colpire inevitabilmente lo spettatore, lasciandolo stordito di fronte alle immagini. Più che di film, con Noè si parla di esperienza visiva, data anche dall’uso di vertiginosi movimenti di macchina e lunghissimi piani sequenza (in “Climax” ne crea uno di circa quaranta minuti), dove l’improvvisazione degli attori diventa centrale per rendere le scene rappresentate ancora più intense.
Se nel passato, alcune scelte si sono rivelate dei meri virtuosismi registici con lo scopo di scioccare ma senza una vera valenza esperienziale, “Climax” perseguita lo spettatore durante e dopo la visione, come se si vivesse sulla propria pelle quell’inferno dal quale i personaggi non riescono a uscire. Vi è un pessimismo incontrastato nel cinema di Gaspar Noè, una follia che genera personaggi disumani e spaventosamente freddi. “Solo il più forte sopravvive” sembra gridare il regista di fronte a quella che sembra una lotta animalesca per restare in vita. Ma, alla fine, solo chi dimostra un briciolo di umanità riesce con difficoltà a non estinguersi dimostrando che “il più forte” non è colui che attacca, ma colui che accetta, in maniera inevitabile, il proprio destino.
“Climax” si trova in streaming su Amazon Prime.