Finalmente, il momento che tutti aspettavamo da un anno è mezzo è arrivato: la quinta stagione di Black Mirror è finalmente uscita.
Quello che non tutti sanno è che non si tratta di un format originale Netflix: infatti essa ne ha acquistato i diritti a partire solo dalla terza stagione, e non dal 2011.
“Il futuro tra 10 minuti”
Charlie Brooker, produttore della serie, ha riassunto così l’anima della serie tv. E, in effetti, abbiamo assistito a quattro stagioni in cui si riusciva benissimo a catapultarsi negli scenari dipinti da ogni puntata. Proprio come se fosse qualcosa di così reale da poterlo vivere in prima persona. Tutto questo è sempre stato possibile grazie alla capacità di dipingere la società in modo accurato, geniale e soprattutto critico, fino a sembrare avvenimenti che realizzabili nell’arco di poco tempo.
Se l’aspetto tecnologico era visibilmente presente e fonte di influenza nelle prime due stagioni, nella terza e nella quarta ha perso parte della sua importanza, per concentrarsi sull’aspetto etico e morale delle conseguenze dell’impatto della tecnologia sul pubblico.
E la quinta stagione?
Veniamo a noi. La quinta, e per ora ultima, stagione è stata diffusa in un unico blocco il 5 giugno e consiste in 3 episodi dalla durata di un’ora circa in media.
Cosa dire di questa stagione?
Onestamente, si poteva fare di meglio. Non nego che le aspettative fossero molto alte, ma purtroppo non sono state soddisfatte.
Di tre episodi, gli spettatori ne hanno salvati uno… e mezzo. Questo è dovuto al fatto che sia stata abbandonata l’ottica originaria di mostrare il futuro in maniera critica e provocatoria attraverso avvenimenti nel presente, e alla decisione di dipingere la realtà così com’è, senza colpi di scena o plot twist a cinque minuti dalla fine.
Insight sugli episodi
Il primo episodio, Striking Vipers, vede la partecipazione di Anthony Mackie, ed è uno di quegli episodi che lascia con un senso di indifferenza misto a cringe assurdo (non nego che io abbia detto WTF ogni 5 minuti guardandola). Bisogna però ammettere che la decisione di dipingere la tecnologia come via di fuga dalla vita quotidiana sia stata un’ottima mossa, perchè è proprio il ruolo che ha assunto all’interno della società.
Per quanto riguarda il secondo episodio, dal titolo Smithereens, il parere è univoco: la puntata migliore della stagione, e quella che si avvicina di più al format che tutti conosciamo e amiamo.
Raccontata dal punto di vista di Andrew Scott, l’obiettivo di questo episodio è la riflessione su come i social network abbiano invaso le nostre vite e non possiamo più farne a meno, a prescindere dalle situazioni in cui ci troviamo. Oltre all’aspetto tecnologico, trasmette anche il messaggio di quanto sia sbagliato e dannoso utilizzare il telefono mentre si guida. Ed è un aspetto da non sottovalutare, questa sensibilizzazione.
Ultimo episodio: Rachel, Jack and Ashley Too. Personalmente, l’ho trovato carino. Ma non adatto a Black Mirror. Sembrava più un film da guardare in uno di quei pomeriggi in cui piove e non sai come passare il tempo.
C’era molto potenziale, ma non è stato sfruttato al meglio, purtroppo. Miley Cyrus interessante nelle vesti da attrice, ma l’episodio a tratti sembrava assumesse tratti disneyani e rimandasse alla carriera musicale di Miley. Per non parlare di una trama vista e rivista così tante volte che le mosse della zia potevano essere intuite sin dall’inizio.
Nel complesso, poteva andare peggio.
Ma poteva andare anche molto meglio.
VOTO: 6.5/10